Come Comportarsi al Colloquio

L’abito fa il monaco, eccome: difficilmente la tuta in acrilico a un colloquio di lavoro in banca sarà l’idea brillante che farà di te il candidato ideale. Superata la fase di selezione del cv, il passo successivo, cioè l’incontro con il potenziale capo, è quello più importante e deve essere preparato con cura. La presentazione personale ha a che fare con molti fattori spesso sottovalutati, soprattutto da chi è alle prese con i primi colloqui, ma che possono essere determinanti nella percezione che i recruiter possono avere di te.

Non studiare solamente ciò che devi dire rispetto alle tue esperienze, ma anche come lo dici, prestando attenzione al cosiddetto “linguaggio non verbale”, cioè quello che il corpo comunica senza che noi ce ne accorgiamo. Vediamo alcuni accorgimenti da tenere a mente prima di affrontare il fatidico appuntamento:

L’abbigliamento. Per decidere che cosa indossare immagina qual è il tipo di abbigliamento più adeguato per quella azienda e per la quella particolare posizione. Affidati al buon senso, in mancanza di questo, e di fantasia, un sobrio abito o tailleur blu va sempre bene. E se proprio vuoi esagerare, che sia nella formalità: un vestito eccessivamente elegante, se pur inappropriato, darà comunque l’impressione positiva che ci tieni a fare una bella figura. Un errore decisamente meno grave che presentarsi in shorts e maglietta bucata.

Le mani. Si comincia con la stretta: vietato offrire la mano floscia, potreste dare l’idea di avere una personalità altrettanto scialba. Una stretta decisa, al contrario, stabilisce un contatto più diretto e partecipe con chi ti sta di fronte. Durante il colloquio non stringere nulla tra le mani, ti farebbe apparire a disagio e nervoso, e non incrociare le braccia, comunicheresti disinteresse.

Lo sguardo. Guardarsi intorno o fissare il pavimento mentre il recruiter sta parlando, va da sé, non è consigliato: sembreresti lì per caso o molto insicuro di te. Ma anche bloccare con lo sguardo l’interlocutore, senza mai distogliere gli occhi dai suoi, può sembrare “troppo”. Il trucco è ascoltare attentamente ciò che ti stanno dicendo: se ti concentri sul capire parole e concetti, ti verrà spontaneo non pensare più a come ti stai comportando, risultando naturale.

La posizione del corpo. Assolutamente vietato stravaccarsi, così come restare appollaiati in punta di sedia per tutta la durata del colloquio. Sedersi in modo composto, sporgendo leggermente il busto in avanti è, invece, una buona regola per dimostrare interesse e attenzione.

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Interazioni e Marketing su Facebook

Il marketing su Facebook ha un aspetto che lo contraddistingue: le interazioni. Le interazioni in una pagina fan di Facebook sono l’anima del social network, ciò che rende viva, attiva la pagina e la misura delle interazioni -ad esempio con uno strumento come Facebook Insights- è, insieme ai dati analytics, uno degli aspetti su cui valutare il successo o meno di una campagna di marketing su Facebook.

Le interazioni su Facebook, al contrario di come si potrebbe pensare, non sono naturali: richiedono che l’amministratore della pagina parli il linguaggio giusto, dica cose interessanti e nella quantità giusta. Insomma, se sei noioso, non parli mai, perchè dovrei interagire?! Vediamo quindi dei consigli su come suscitare l’interazione su una pagina di Facebook con il fine del marketing.

Crea una community che ti ascolta: se parli e non c’è nessuno che ti ascolta, parli al muro. Se parli di cucina, ma chi ti ascolta non è minimamente interessato all’argomento, non solo parli al muro, ma infastidisci pure. Quindi, crea una community di fan magari pescandoli da pagine Facebook di argomento affine, che dovrebbe garantire un certo interesse per quel che dici.

Parla nella quantità giusta: ricorda che i commenti compariranno in bacheca. Quindi se lasci troppi post, i fan potrebbero infastidirsi. Se viceversa non scrivi mai, non si ricordano nemmeno che esisti. Trova la via di mezzo ideale.

Parla nel modo giusto: su Facebook non si scrivono tesi di dottorato nè per lunghezza nè per linguaggio. Parla come mangi.

Inserisci foto, video, contenuti interattivi: il tuo intervento verrà notato e apprezzato più facilmente.

Rispondi ai commenti, fai domande, interagisci: spesso i fan aspettano che qualcun altro faccia la prima mossa. Falla tu.

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Raider – Significato in Finanza

Raider, che la pronuncia corretta vuole si legga reider, è chi compie raid societari. Raider è la
dizione americana; in Gran Bretagna, per quanto possa apparire paradossale, prende nome di cow-boy. Il Far West, evidentemente, quando si tratta di mercati finanziari non è solamente in California, ma anche nella City, il distretto economico di Londra.

In italiano il raider viene definito scalatore, con palesi rinvii al carattere ascensionale della sua attività. Egli infatti, rastrellando sul mercato azioni di società sane quotate a buon prezzo, sale rapidamente le erte che conducono alla vetta
societaria, conquistando la maggioranza assoluta in assemblea. Una volta impiantato sulla cima il proprio stendardo,
chiede la convocazione dell’assemblea societaria e detta le sue volontà.
Passa quindi all’azione: ridisegna da cima a fondo l’organigramma sociale, separando il grano dal loglio; liquida separatamente i rami d’azienda più proficui, i cosiddetti gioielli di famiglia, traendo pingui profitti; e infine si disfa di quanto
resta vendendo al primo acquirente le azioni che gli sono rimaste in tasca.

Il raider quindi è una figura, per la società vittima, dalle connotazioni spiccatamente negative. Non a caso, il suo campo
d’attività sono i cosiddetti hostile takeover, le . Che diventano contested (oppure defended o anche opposed), cioè , se il consiglio d’amministrazione della società preda reagisce intraprendendo azioni di difesa.

Cosa fa il raider quando individualmente non ha forza bastante, quando cioè non ha proprie risorse finanziarie sufficienti per portare a termine con successo un hostile takeover? Sostanzialmente si trova di fronte un’alternativa – visto che la
terza via, la rinuncia, non fa parte del suo patrimonio genetico: prendere soldi a prestito, e in tal caso lanciare una leveraged bid, un’Opa che fa perno sulla “leva” dei capitali messi a disposizione da terzi – raccolti magari con l’emissione di
junk bonds, obbligazioni spazzatura, ad alto rendimento e rischio ancora più alto; in alternativa, può accontentarsi di
spartire il bottino con altri e costituire il cosiddetto concert party, formare cioè quella che in italiano, rimanendo sempre
valida la metafora alpinistica, viene definita .

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Come Richiedere Prestiti Senza Busta Paga Senza Rischi

L’attuale situazione economica del nostro Paese e la mancanza di lavoro spingono molte persone a chiedere un prestito senza busta paga: ecco cosa bisogna sapere!
Sempre più spesso gli Istituti Bancari si trovano a fronteggiare proposte di accesso al credito da parte di studenti, casalinghe, pensionati, lavoratori autonomi, neo imprenditori, lavoratori irregolari e lavoratori la cui busta paga è già “impegnata”. Ma se in passato gli intermediari finanziari erano restii a concedere un prestito a queste categorie di persone, oggigiorno le Banche tendono a volere ampliare il proprio numero di clienti e, quindi, a dare la possibilità di accedere a prestiti personali anche a persone senza busta paga.

Di seguito analizziamo nel dettaglio questo fenomeno

il prestito personale
Il prestito personale è il finanziamento che un intermediario finanziario (società finanziaria o banca) concede ad un privato. Alla base di un prestito personale vi è il capitale richiesto, il cd. TAN (tasso annuo nominale d’interesse) ed il cd. TAEG (tasso annuo effettivo globale) applicati, il calcolo del piano di ammortamento e la rata.

le garanzie
L’intermediario finanziario tende, da una parte, a diversificare il più possibile le proposte di prestiti personali al fine di accaparrarsi il maggior numero di clienti e, dall’altra parte, a tutelarsi chiedendo delle garanzia come, ad esempio, la presentazione della busta paga o del cud del soggetto che chiede il prestito o di un eventuale garante.

il prestito senza busta paga
L’elasticità del mercato del lavoro e l’aumento dei contratti di lavoro a scadenza ha generato la crescita delle richieste di prestiti senza busta paga, ossia dei soggetti che hanno una retribuzione od un’entrata fissa che, però, non sono in grado di attestare e documentare mediante la presentazione della busta paga o del cud.
Pertanto, gli intermediari finanziari hanno fronteggiato tali domande chiedendo altre garanzie (ad esempio, un immobile di proprietà, una fideiussione, la cambiale, l’ipoteca su immobili, il pegno su mobili, l’entrata derivante dalla riscossione del canone di locazione, dal rendimento annuo di un capitale investito, dall’assegno di mantenimento corrisposto dall’ex coniuge, etc.) oppure rinunciandovi ma limitando il più possibile la somma prestata (ad esempio, nel caso degli studenti che intendono accedere al credito).
Concesso il prestito senza busta paga, il beneficiario dovrà provvedere alla restituzione della somma concessa con rate mensili di importo pressoché identico.

le tipologie di prestito senza busta paga
Le quattro tipologie di prestito personale senza busta paga sono:
– prestito alle casalinghe: solitamente viene concesso in tempi molto brevi (anche 24 ore) e gli importi erogabili sono contenuti (di solito fino ad un importo massimo di 2.000 €); inoltre può consistere in un prestito senza garante oppure con garante (in quest’ultimo caso l’istituto eroga la somma se vi è la copertura di un terzo soggetto)
– prestito senza garanzie: è concesso a colui che non può offrire alcuna garanzia e per i quali vengono erogati piccoli importi di denaro ad un tasso di interesse solitamente molto alto e che spesso sfiorano i limiti di legge imposti dalla Banca d’Italia. Proprio per questo motivo, questo tipo di prestito dovrebbe essere richiesto come ultima ed estrema soluzione per accedere al credito.
– prestito senza reddito: permette di ricevere un capitale per sostenere delle spese senza esibire particolari garanzie e in modo particolare avere un reddito. Questa tipologia di prestito differisce da quello senza busta paga in quanto con il primo viene erogato il capitale in denaro anche ai soggetti che non hanno reddito o un’entrata dimostrabile, mentre con il secondo vengono prestate somme denaro a soggetti che hanno una retribuzione od un’entrata fissa che, però, non può essere documentalmente certificata. Viene concesso previa garanzia da parte di un terzo od ipoteca su un immobile ed ha lo svantaggio dell’elevato tasso di interesse (di solito pari al 14%);
– prestiti a disoccupati e giovani: è indirizzato a giovani ed ai disoccupati che possono accedere al credito senza busta paga o speciali garanzie nel caso in cui la richiesta sia legata a motivi di studio. Di solito, il piano di rimborso è molto flessibile poiché si usufruisce del capitale e dopo aver terminato gli studi il richiedente ha un anno di tempo per scegliere se rimborsare la somma avuta in prestito in un’unica soluzione o mediante il finanziamento.

i cattivi pagatori
I prestiti senza busta paga costituiscono un’opportunità anche per i cattivi pagatori, che non hanno pagato due o più rate di un prestito precedente e per questo motivo sono considerati inaffidabili dalle banche per poterne ricevere altri.

i nostri consigli
Le proposte di concessione di prestiti personali senza busta paga (anche on line) sono sempre più numerose. Pertanto, prima della stipula del contratto di finanziamento, si consiglia di porre estrema attenzione a tutte le clausole contrattuali ed, in particolare, a quelle relative ai tassi applicati: infatti, è fondamentale comprendere se è stabilita l’applicabilità di un tasso fisso oppure un tasso variabile (solitamente applicabile nei prestiti senza busta paga) e verificarne la legittimità o meno sulla base delle tabelle della Banca d’Italia

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Come Funziona il Pignoramento Immobiliare

Il creditore di una somma di denaro, per vedere soddisfatto il proprio credito, può agire nei confronti del debitore con diversi strumenti. Può valutare, infatti, un pignoramento mobiliare o un pignoramento presso terzi (si pignora, ad esempio, il conto corrente del debitore o parte dello stipendio), se non addirittura un pignoramento immobiliare.

Il pignoramento immobiliare consiste nell’ottenere la vendita forzata degli immobili di proprietà del debitore, con maggiori possibilità di ricavo dall’asta e dunque buone possibilità di veder soddisfatto il proprio credito. Poiché la procedura del pignoramento immobiliare è la più complessa, è utile quindi distinguere i diversi passaggi obbligati che si susseguono e che richiedono tempi non indifferenti (mesi se non addirittura anni).
Procedendo con ordine, il primo passaggio necessario per il creditore è ottenere un titolo esecutivo. Tale titolo potrà essere un decreto ingiuntivo, che verrà emesso dal Giudice di Pace o dal Tribunale con l’ausilio di un avvocato (il creditore può agire personalmente solo per importi inferiori ad €1.100,00), o ancora una cambiale impagata o un assegno impagato.
Una volta ottenuto il titolo, verrà notificato il precetto.

Solo decorsi 10 giorni dalla notifica del precetto (salvo eccezioni di esonero dal termine), il creditore, sempre con l’ausilio dell’avvocato, potrà richiedere la notifica del pignoramento immobiliare sui beni di proprietà del debitore.
Procederà, quindi, sia ad avvisare del pignoramento immobiliare (entro 5 giorni dalla notifica) i creditori che sui beni pignorati hanno un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri (in particolare creditori ipotecari che possono intervenire nella procedura e chiedere di partecipare alla distribuzione delle somme che verranno ricavate dall’asta), sia a trascrivere il pignoramento immobiliare presso la competente Conservatoria.
Nel caso in cui il debitore abbia solo una quota di proprietà del bene, il creditore procedente dovrà avvisare del pignoramento immobiliare anche il comproprietario non esecutato.
Decorsi 10 giorni dalla notifica del pignoramento, potrà essere poi depositata l’istanza di vendita, ossia l’atto con cui si chiede al Giudice dell’esecuzione di autorizzare la vendita forzata.

Prima che la vendita avvenga, però, il creditore procedente dovrà depositare, entro i successivi 120 giorni, l’estratto del catasto nonché i certificati delle iscrizioni e trascrizioni relative all’immobile pignorato effettuate nei 20 anni anteriori alla trascrizione del pignoramento, oppure, in sostituzione, certificato notarile attestante le risultanze delle visure catastali e dei registri immobiliari. Tale termine può essere prorogato una volta sola per un massimo di ulteriori 120 giorni.
Depositata la documentazione, il Giudice dell’Esecuzione nomina l’esperto per la valutazione dell’immobile e fissa udienza avanti a sé per la comparizione delle parti.

Si deve tenere conto che al Consulente Tecnico nominato viene concesso un termine di circa 2/3 mesi per il deposito dell’elaborato. Potrà comunque chiedere delle proroghe del termine in caso di complessità nell’espletamento dell’incarico.
Una volta depositata la perizia ed assegnato un valore all’immobile, il Giudice dell’Esecuzione, verificata la regolarità della procedura, nomina un delegato ed altresì un custode del bene pignorato, se non ha già provveduto precedentemente, affinchè il primo proceda con la vendita all’asta del bene secondo i tempi e le modalità stabilite dallo stesso Giudice dell’Esecuzione ed il secondo mantenga l’immobile in buono stato e si renda disponibile a farlo visionare agli eventuali interessati prima delle aste.
Da questo momento è il delegato che si occupa delle successive operazioni prodromiche e successive alla vendita forzata.
Al di là dei tempi necessari per ottenere la vendita forzata, una considerazione rilevante deve essere da ultimo svolta anche in relazione ai costi che dovranno essere anticipati per ottenere la vendita giudiziaria.
Gli esborsi meno impegnativi sono quelli di notifica del pignoramento, avviso ai creditori con diritti di prelazione e avviso ai comproprietari; già più considerevoli quelli per la trascrizione del pignoramento (oltre alla spesa viva vera e propria è necessario tenere in conto anche il compenso del professionista che se ne occupa), il deposito dell’istanza di vendita e la certificazione notarile: si parla di qualche centinaio di €uro per ciascuna attività.
Sicuramente più rilevanti i costi del consulente nominato per la valutazione dell’immobile, del delegato alla vendita, nonché del custode (qualche migliaio di €uro).
A tali costi vanno aggiunti i compensi professionali dell’avvocato che, in base al valore del credito per cui procede alla richiesta di pignoramento, presenterà la propria parcella (l’ultimo decreto ministeriale del 2014 sui compensi legali prevede un massimo di circa €3.000,00, oltre accessori, per l’intera procedura).

Successivamente all’aggiudicazione dell’immobile, tali esborsi potranno essere recuperati fornendo al Giudice la relativa documentazione (ad esclusione delle spese per l’ottenimento del titolo).
In particolare, con il progetto di distribuzione delle somme ricavate, si prevederà in primo luogo il pagamento delle spese di cui sopra che vengono definite in prededuzione, poi seguirà il pagamento dei creditori ipotecari in base ai gradi delle ipoteche e, da ultimo, di tutti gli altri creditori detti chirografari -procedente (salvo che sia un creditore ipotecario per cui verrà soddisfatto in via privilegiata) ed intervenuti- in proporzione ai crediti vantati.

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