Come Cambiare Lavoro in Tempo di Crisi

La crisi economica che stiamo attraversando è un problema trasversale che coinvolge praticamente tutti i settori del lavoro e non guarda in faccia neppure all’età: oggi infatti la disoccupazione non riguarda solamente le generazioni più giovani, ma anche lavoratori di mezza età che si ritrovano a dovere ricominciare da capo all’improvviso.
E tante persone, anche senza avere perso il proprio posto di lavoro, decidono di mollare l’impiego attuale per cercarne uno migliore, che sia più stabile o più redditizio, che si adatti meglio alle loro esigenze.
Ma è davvero impossibile cambiare lavoro in tempo di crisi? Certo che no. Vediamo insieme come comportarsi quando ci si ritrova in questo tipo di problematiche.

Se siamo oltremodo delusi dalla nostra odierna occupazione, se sappiamo oramai con certezza che, a causa della crisi, la nostra ditta dovrà chiudere e quindi perderemo il posto, oppure soltanto se dobbiamo trasferirci altrove e di conseguenza lasciare il lavoro, eccoci di fronte a una scelta davvero impegnativa: come faremo ora per trovare un altro impiego?
Focalizziamo con la massima attenzione la situazione in cui ci troviamo: in particolare concentriamoci su ciò che sappiamo fare, ciò che ci piacerebbe fare e su quelle che sono le nostre effettive esigenze concrete (lo stipendio, gli orari di lavoro, la flessibilità dell’impiego e via dicendo).2

Cambiare lavoro significa innanzitutto cambiare quindi le proprie abitudini; a cosa siamo disposti a rinunciare? Che cosa invece vorremmo mantenere come è attualmente?
A partire da queste semplicissime domande – e dalle risposte che daremo loro – ecco che potremo cominciare ad ottenere un quadro più complesso e meglio definito della nostra problematica, nonchè del lavoro che vorremmo cercare ora.
Una volta affrontato questo step di preparazione, potremo iniziare la ricerca vera e propria.

Cambiare lavoro in tempo di crisiQuesto significa darsi da fare sia personalmente, presentandoci nelle aziende in cui vorremmo essere assunti, sia per conto terzi, affidando un nostro curriculum aggiornato (in base alle considerazioni qui sopra trattate) alle agenzie interinali o ai Centri per l’impiego (gli ex uffici di collocamento, per intenderci)
Cambiare lavoro in tempo di crisi vuole anche dire, però, avere una notevole capacità di adattarsi e di stringere i denti: se non è un cambio che facciamo per nostra scelta, soprattutto.

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Come Gestire un’Etichetta Discografica Indipendente

Oggi è molto diffuso il fenomeno delle etichette indipendenti. Si sono create scene, sono nate tendenze e controculture attorno ad esse, e nuovi gruppi che hanno influenzato il suono e la visione della musica contemporanea. Oggi è facile fondare un’etichetta, puoi farlo anche tu.

La gestione di un’etichetta indipendente è legata soprattutto alla produzione artistica di determinate band ed artisti che hanno del talento e che a tuo parere potrebbero ottenere successo. Quindi il modo migliore per scoprire questi nuovi talenti è quello di girare per i club ed osservare attentamente gli artisti che si esibiscono.

Se l’artista è indipendente ed attrezzato per realizzare il disco da solo, senza nessun finanziamento esterno, aspetta che ti consegni il disco già pronto, magari puoi collaborare dandogli qualche consiglio su scelte di ogni tipo. Se invece l’artista è sprovveduto di mezzi, puoi finanziare la registrazione e tutto quanto.

Se l’artista ti fornisce il disco finito dovrai soltanto preoccuparti della promozione su siti internet, inviandolo a fanzine e riviste di musica in genere ed i ricavi delle vendite saranno ripartiti secondo l’accordo. Se invece sei il finanziatore del disco, in genere si usa fare in modo che sui ricavi si raggiunge prima il break even point delle spese di produzione e poi si ripartono le quote. Ovviamente gli accordi sono strettamente legati alla situazione che andrai a creare.

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Come Diventare un Giudice

Quella del giudice è un’occupazione molto ambita per varie ragioni, quale soddisfazione professionale, potere, importanza dello stipendio. Ma avere la possibilità di indossare la toga non risulta una operazione così scontata. Cosa fare quindi per diventare giudice?

Innanzitutto si deve essere in possesso di una laurea magistrale in giurisprudenza. Una volta ottenuta occorre superare il concorso pubblico, che si tiene una volta ogni anno, ripetibile solamente tre volte nella vita. La prima parte, costituita da una prova scritta, verte nella stesura di tre elaborati, rispettivamente di diritto civile, amministrativo e penale. Una volta ottenuto un esito positivo in tutte e tre le prove, sarà l’orale a decretare o meno il superamento del concorso. Esso verte sulla discussione di tredici materie, passando dal diritto civile al diritto comunitario al diritto internazionale, fino ad un colloquio in lingua straniera a scelta tra spagnolo, inglese tedesco o francese. file5601297827370

Per il neo giudice si aprono così le porte del lavoro, attraverso un tirocinio obbligatorio e retribuito della durata di circa due anni, in qualità di uditore giudiziario in sede di Corte di Appello, dopo di che si diventa giudice a tutti gli effetti.

Perché scegliere di fare il giudice e non il notaio o l’avvocato?

La retribuzione del giudice è vincolata a dei “passaggi di grado”, dovuti all’anzianità di servizio. I fattori da tenere in considerazione sono: stipendio, indennità integrativa speciale, indennità giudiziaria.

Dopo due anni dalla nomina di uditore si diviene giudice di tribunale al primo livello retributivo, che dopo tre anni permette già di guadagnare dai 3mila ai 4mila euro.

Ma quali sono le competenze di un giudice? Come distinguere i vari giudici?

I giudici possono essere classificati in molteplici modi, in base alla loro funzione. Troviamo infatti:

– il giudice amministrativo, composto dal Consiglio di Stato, dal T.A.R. (Tribunale Amministrativo Regionale) e dai giudici amministrativi speciali;

– il giudice civile, per le contravvenzioni;

– il giudice penale, per i reati;

– il giudice di pace, per la giurisdizione in materia civile e penale di minore entità;

– il giudice minorile, nell’ambito del Tribunale per i minorenni.

Ci sono poi anche il giudice di sorveglianza, del lavoro, delegato, onorario, tutelare, popolare, ordinario, speciale e straordinario.

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Come Diventare un Notaio

Lavorare come notaio è un’impresa ardua e in Italia si parla spesso a ragion veduta di casta notarile. Se si è già figli di notaio non è difficile proseguire la professione parterna o materna ma per chi non ha qualcuno di famiglia nel settore non è facile. Ma come si diventa notai? E in che cosa consiste questa professione?

Quanto guadagna e cosa fa un notaio
I notai sono pubblici ufficiali, nominati dallo Stato dopo aver superato un concorso pubblico estremamente selettivo, ma svolgono la loro attività come liberi professionisti.
In molti si chiedono: perché si fanno pagare così tanto? La risposta è semplice: il notaio si assume la totale responsabilità per il suo operato, rispondendo in proprio degli eventuali errori. E viene stipendiato sia dallo Stato che rappresenta che dai clienti. Difficile arrivarci ma in seguito la professione porta a un altissimo livello di soddisfazione personale ed economica: è vero che la crisi ha dimezzato i loro compensi medi, ma nessuno di loro se la passa male. In sei anni gli introiti medi di un notaio sono passati da 129mila a 66mila euro.

Ma per cosa si fa pagare? Se due parti per esempio fanno un negozio giuridico a scrittura privata o pubblica, l’atto deve essere firmato da un notaio perchè abbia valore. Lo stesso vale per la compravendita di un immobile in il rogito deve essere firmato dal notaio che si accerta dell’identità delle parti e dell’autenticità delle loro firme.
Il notaio svolge una duplice funzione di garanzia. Nei confronti delle parti assicura la correttezza formale dell’atto e l’effettivo raggiungimento dello scopo perseguito, e garantisce per lo Stato verificando che l’atto sia conforme alla legge.

Come diventare notaio
Il percorso per conseguire il sigillo notarile richiede tre passi fondamentali: una laurea in Giurisprudenza, la pratica notarile di 18 mesi e il concorso notarile.
Per prima cosa è fondamentale trovare uno studio notarile disposto a farti fare la pratica (solitamente a compenso zero).
Una volta conseguita la laurea in Giurisprudenza si deve presentare la domanda di ammissione alla pratica notarile. Essa va presentata presso il Consiglio Notarile del Distretto dove si vuole svolgere la pratica pagando una tassa e con la dichiarazione del notaio che si rende disponibile a prendere il praticante nel suo studio. Il periodo di pratica si deve comunque completare entro 30 mesi dall’iscrizione.
Ma il vero spauracchio per l’aspirante notaio è il concorso. In primo luogo bisogna attendere che venga indetto dallo Stato. In secondo luogo è fondamentale ricordare che in media solo un aspirante ogni venti lo supera e che richiede una preparazione giuridico-fiscale di altissimo livello.

La prova di preselezione per l’ammissione si svolge via internet. L’esame scritto consiste di tre prove teoriche-pratiche, riguardanti un atto di ultima volontà e due atti tra vivi, di cui uno di diritto commerciale. I candidati che superano l’esame scritto vengono ammessi all’orale che comprende tre prove su diritto civile, commerciale e volontaria giurisdizione; disposizioni sull’ordinamento del notariato e degli archivi notarili; disposizioni concernenti i tributi sugli affari.
Ai vincitori del concorso viene assegnata la sede presso la quale il neo notaio è tenuto ad avviare uno studio entro tre mesi.

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Come Lavorare nella Consulenza

Il settore del management consulting, in Italia, è un mercato composto da circa 17mila società di consulenza, con 33mila addetti. I dati sono nel rapporto annuale, relativo al 2012, condotto da Assoconsult, l’associazione federativa delle imprese di consulenza, in collaborazione con l’Università degli studi di Roma Tor Vergata. Il settore consulenza, nonostante la fase economica critica, è in ripresa e ha raggiunto la quota di 3,2 miliardi di euro di fatturato. «La consulenza in Italia resiste alla crisi e torna a crescere dopo due anni di contrazione», dice Ezio Lattanzio, presidente di Assoconsult Confindustria. Ma di cosa si occupa un consulente che lavori per un’impresa specializzata e quale formazione deve avere? Lo abbiamo domandato ai responsabili recruiting di tre importanti aziende del settore consulting.

KMPG
«Il consulente è una persona che utilizza le sue conoscenze, competenze, l’esperienza e l’intuizione per semplificare situazioni complesse, analizzare un problema e scomporlo in parti più semplici in modo da poterlo risolvere», spiega Ilaria Lerro, responsabile recruiting e selezione di KPMG Advisory. «È un professionista che, di fronte a una richiesta del cliente, sa come apportare miglioramenti attraverso idee nuove, ma sa anche come utilizzare e valorizzare ciò che c’è già». KPMG è un’azienda network di imprese che offrono servizi professionali ad altre imprese ed è presente in Italia dalla fine degli anni ’50. Oggi ha circa 3mila professionisti e 28 sedi sul territorio nazionale. Le imprese si rivolgono alle società di consulenza perché al loro interno hanno situazioni complesse da gestire dal punto di vista legale, amministrativo, contabile e può capitare che non abbiano risorse umane adeguate a far fronte alla situazione. Ma possono esserci anche altre esigenze, come spiega Lerro: «In tempi di crisi e di recessione come quelli che stiamo vivendo, ci sono aziende che hanno la necessità di contenere i costi, di esternalizzare servizi o di trovare strade alternative ai mercati locali. In tempi non di crisi invece la necessità è di accrescere il fatturato, le dimensioni, il business. Insomma, le richieste sono molteplici e il mercato delle consulenze difficilmente conosce battute d’arresto». Per entrare in KPMG sono privilegiate lauree di tipo economico o scientifico, e a farla da padrone sono Economia e Ingegneria. «Ci interessano percorsi di specializzazione in Finanza d’impresa, per i mercati e le assicurazioni, e quelli in Information Technology o Compliance. È ben vista un’esperienza all’estero in contesti multiculturali e la conoscenza di una o più lingue», specifica la recruiter. Una volta entrati in azienda la formazione continua tramite un percorso “learning by doing” di formazione sul campo e un percorso in aula di formazione tecnica a cui viene affiancata la preparazione sulle soft skills. «Per i neolaureati con l’assunzione in apprendistato prevediamo un pacchetto di 200 ore in aula nei primi 2 anni», continua Lerro.

ACCENTURE
Anche in Accenture l’inserimento dei neolaureati è con contratto di apprendistato professionalizzante, anche se «i candidati esperti vengono assunti a tempo indeterminato», spiega Monica Palma, recruiting director di Accenture. Le lauree più richieste sono in Ingegneria, Informatica ed Economia, e c’è posto anche per giovani professionisti con competenze funzionali e tecniche, capacità di project management e abilità nell’interazione con i clienti. Nata in Italia nel 1957, Accenture Italia conta 9500 professionisti che, spiega Palma, «hanno il compito di fornire e attuare soluzioni tangibili a favore del cliente, partendo dalla comprensione delle sue esigenze. Una delle caratteristiche della professione di consulente è la capacità di elaborare idee non convenzionali e trasformarle in risultati concreti, tenuto conto del settore di business del cliente e delle tecnologie più all’avanguardia». Un mestiere che può portare lontano da casa, «perché la sede di lavoro è quella del cliente, quindi si viaggia e spesso si vive in trasferta», racconta la recruiting director di Accenture, «si impara a lavorare all’interno di team internazionali a fianco di colleghi con competenze diversificate». Ambito SAP, embedded software, networking, architetture e infrastrutture tecnologiche, risk management e ambito digital sono i settori che trainano: «In base alla nostra esperienza il settore consulenza è costantemente in crescita», conferma Palma. Anche in Accenture la formazione continua costantemente anche dopo l’assunzione; per i nuovi assunti sono previsti corsi di orientamento e formazione in aula. Con il progredire della carriera i professionisti continuano ad ampliare le loro conoscenze con programmi focalizzati su specifici settori di mercato, una piattaforma di e-learning e un programma di tutoring personalizzato. Umberto Falco ha 30 anni e da tre e mezzo lavora in Accenture, dove è stato assunto dopo la laurea in Economia, un master in Bocconi e uno stage retribuito di sei mesi. Oggi si occupa di marketing di prodotto per le aziende del settore energia. «Supporto le aziende clienti di Accenture nell’identificare la strategia ottimale e gli elementi innovativi che possono generare nuove fonti di ricavo», racconta. «Il compito del consulente è creare valore aggiunto sia verso Accenture sia verso il cliente. Si tratta di portare un punto di vista differente verso il cliente, dare un contributo innovativo nel risolvere i suoi problemi così da migliorarne la performance. Per essere in grado di farlo servono elasticità mentale e sapersi adattare a contesti diversi fra loro. È importante sapersi relazionare con persone all’esterno e con modi di vedere diversi dai propri».

ORACLE
I percorsi professionali all’interno di Oracle, che fa consulenza specialistica su soluzioni e tecnologie gestionali in ambito IT, sono sostanzialmente due: enterprise architect e program-project manager. Entrambi i ruoli possono avere uno sbocco più “manageriale” oppure rivolto alla vendita dei servizi. Oracle è un’azienda di prodotti informatici, sistemi aziendali hardware e software e si rivolge alle imprese con i suoi prodotti ma anche all’implementazione dei progetti aziendali che si basano sulle soluzioni targate Oracle. Ed è qui che entra in gioco l’apporto del consulente. «Nella maggior parte dei casi, i neolaureati assunti hanno in precedenza svolto uno stage da noi», spiega Gabriela Bizzozero, direttore delle risorse umane dell’azienda. Le lauree che cerchiamo sono quelle scientifiche, Ingegneria, Matematica, Fisica, Statistica. Ma anche laureati in Economia con competenze in ambito informatico. Chiediamo l’ottima conoscenza dell’inglese e la disponibilità a viaggiare in Italia e all’estero, anche per lunghi periodi.

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